Wine & Food Style 2015, Vino, Cibo e Arte chiudono l’Expo a Cernobbio!

Articolo pubblicato a novembre 2015 su LorenzoVinci.ilgiornale.it (https://bit.ly/2AjIEqS)

Nata l’anno scorso per fare da “apripista” ad Expo Milano 2015 e pensata per essere una manifestazione “one shot”, ha concesso subito un bis in concomitanza della chiusura di quello stesso Expo, forte dei consensi e apprezzamenti del pubblico.

Wine&Food Style è la mostra-mercato dedicata ai prodotti dell’eccellenza enogastronomica italiana, patrocinata dal comune di Como, città di Cernobbio, CNA Alimentare e promossa da UpMarket, ospitata nell’Ala Cernobbio di Villa Erba, sulle rive del Lago di Como nell’omonima città, tenutasi da venerdì 30 ottobre fino a domenica 1 novembre scorso.

La concomitanza delle ultime due giornate di Expo ed altri eventi simili ha un po’ frenato l’arrivo di molti visitatori senza però perdere di interesse e forza.

La manifestazione, ancora in cerca della sua identità soprattutto in un contesto di terra di confine con la Svizzera, sta cercando di attrarre e darsi un respiro più internazionale. Durante la tre giorni ha comunque mostrato grande vivacità grazie a quelli che passiamo definire i tre must su cui porre le basi dei prossimi anni.

Il primo è la location spettacolare, quella di Villa Erba, un luogo dove convivono il lago, il parco, la villa storica dell’800 ed un centro internazionale esposizioni e congressi. Tradizioni, prestigio, mondanità e modernità riescono a coesistere in un mosaico ricco di storia, cultura e genialità.

A seguire i cooking show organizzati dalla milanese Cucina In, che non vuole essere la solita e “semplice” scuola di cucina, ma uno spazio dove chiunque, dal bambino all’ultra ottantenne, possa dare libero sfogo al proprio estro.

Come afferma lo stesso Gualtiero Villa, socio fondatore nonché chef della scuola, ognuno di noi sa cucinare, ha bisogno solo di essere spronato e forse un po’ seguito, e lui lo fa in una cucina accogliente come quella di una grande casa, dove si ha la possibilità di utilizzare attrezzature sì casalinghe ma al limite del professionale, e viversi la convivialità dell’intera esperienza.

Tanti sono stati i momenti nei quali lo chef Gualtiero si è messo ai fornelli, per preparare alcune delle sue portate più caratteristiche, utilizzando al meglio i prodotti di primissima qualità messi a disposizione da alcuni espositori presenti alla manifestazione.

Ed ecco il filettino di maiale alla zucca e crosta di pane in padella, tra i cui ingredienti la Birra traviata al miele del Birrificio San Michele, oppure i pici toscani al pesto di mandorle e rucola dove ha utilizzato la mandorla pizzuta di Avola, o ancora i tortellini vegetariani in punta di dita che vede il formaggio bitto storico della Valtellina, presidio Slow Food, grande protagonista.

Grande sorpresa davanti al classico risotto alla maniera “brianzola”, omaggio a questa terra da Matteo Tettamanzi, frequente collaboratore di “Cucina In”.

Comasco, dottore nutrizionista, Healsty Chef (healthy + tasty), amante del cibo “buono sano e giusto”, come ama definirlo lui, e anche ideatore nonché fondatore di F**D PAUER l’educazione buona, portale che aiuta a prendere coscienza e controllo sulle proprie abitudini alimentari.

Cosa rende un classico risotto in un brianzolo DOC?!? Semplicemente pasta di salame o salsiccia sbriciolata, cotta a parte in padella, durante la mantecatura, una piccola aggiunta di riduzione di vino rosso caramellato con un cucchiaio di zucchero ed una clorofilla di prezzemolo, frullato con minipimer insieme a dell’ olio di semi di girasole spremuto a freddo!

Quest’anno il plus son state le degustazioni guidate a cura dei Sommelier della delegazione di Milano della FISARFederazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori.

Ben 15 quelle in programma durante la tre giorni, incentrate su diverse tematiche e territori, dove si è cercato soprattutto di valorizzare il lavoro dei produttori, utilizzando sì la metodologia di degustazione FISAR, lasciando spazio anche ad una comunicazione e a contenuti più accessibili, senza cadere in tecnicismi e formalismi didattici, ma discutendo e condividendo le emozioni che il vino trasmetteva ai diversi partecipanti.

Impossibile raccontarle tutte, con omaggi alla terre Lariane che ospitavano l’evento raccontando più in dettaglio la zona di Montevecchia e quella del Lago di Como, o ai nostri grandi vitigni a bacca rossa come il nebbiolo del Piemonte, il Sangiovese con un percorso tra il Chianti, e la Corvina, il Corvinone e Rondinella, i vitigni principi dell’Amarone della Valpolicella, che negli ultimi anni è diventato uno dei più grandi vini rossi italiani, molto amato dal pubblico internazionale.

Il sud protagonista grazie ad una scorribanda sarda alla scoperta di Vermentino e Cannonau, o alla ricerca dei profumi e dei gusti della Sicilia secondo il Conte Paolo Marzotto e la sua Baglio di Pianetto, o soffermandoci a Manduria (TA) alla scoperta dei segreti del Primitivo secco e dolce naturale.

Non è mancata una piccola fuga fuori dai confini nazionali, la Mosella e le sue anse dove è di casa sua maestà il Riesling, e l’altra grande bevanda derivante da una fermentazione alcolica, la birra e la nouvelle vague dei nuovi micro birrifici italiani.

Viste le mie preferenze spumantistiche, non potevo non addentrarmi tra le bollicine dell’Italia del nord.

Un itinerario che inizia ad est, sia in Friuli sia in provincia di Treviso per incontrare un prosecco della nuova frontiera friulana, l’extra dry di Ca’Tullio ed il Valdobbiadene Prosecco Superiore di Domus-pictA con le sue note floreali di glicine e acacia ed i suoi sentori fruttati di mela e agrumi.

Restando in Veneto si fa tappa in Valpolicella, sulla Collina dei Ciliegi per assaporare, sempre un metodo charmat, Chardonnay e Garganega, dal leggero sentore di crosta di pane.

Pochi chilometri e ci ritroviamo nella patria delle Bollicine di Montagna, in Trentino con la denominazione Trento Doc, un pregiato spumante rigorosamente metodo classico che grazie alle caratteristiche territoriali, alla varietà del clima e alle altitudini tipiche della regione, contribuiscono a renderlo diverso e ad essere considerato tra i migliori spumanti italiani.

Protagonisti della degustazione due tra le case spumantistiche che hanno deciso di far parte dell’Istituto Trento Doc, che promuove l’omonimo marchio territoriale nato dall’esigenza di rafforzare l’identità collettiva del prodotto, valorizzare il suo legame con il territorio, l’impegno dei produttori e soprattutto proteggere e promuovere il metodo classico trentino.

Pedrotti Spumanti con il suo TrentoDoc Brut Millesimato 2010, 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero, dai riflessi dorati, che sosta almeno 45 mesi sui lieviti, un’eleganza ed una freschezza che lo contraddistingue e Opera Vitivinicola in Valdicembra con il Trento DOC Nature 2009, Chardonnay in purezza, quasi 60 mesi sui lieviti, al naso note tostate e speziate mentre al palato spicca la sua grande mineralità.

Da Trento alle colline moreniche della Franciacorta, con la Cantina Solive, situata in quel che possiamo definire il capoluogo di questa terra, ad Erbusco (BS), per degustare il Franciacorta Brut 2010, Chardonnay 90% e Pinot Nero 10%, dal gusto molto più cremoso, burroso, proprie del territorio rispetto alla freschezza tipica del TrentoDoc.

Rappresentante dell’altra regione lombarda votata alla grande spumantistica è l’Oltrepò Pavese e la Cantina Storica il Montù Beccaria con OP Metodo Classico DOCG Brut Pinot Nero Il Millesimato 2008.

Un Pinot nero 100%, complesso all’olfatto e sensuale al palato.

Restando sul Pinot Nero si approda nell’Alto Monferrato con Alessandro Motta e le sue 500 bottiglie di Brut Metodo Classico da Pinot nero in purezza.

Una storia un po’ curiosa quella di questo spumante. Tre amici del Pinot Nero che insieme gestiscono meno di un ettaro di vigna, dalla quale ricavano una cinquantina di quintali di Pinot Nero, che fanno fermentare e a conclusione del processo di fermentazione, ognuno dei tre si prende un terzo del vino base per farne quel che gli pare. Alessandro vista la sua passione per gli spumanti ha deciso di produrre così il suo primo metodo classico, essendo la sua azienda conosciuta per l’eccellenza raggiunta con il Brachetto e il Moscato d’Asti.

Il nostro viaggio finisce su un lago, quello di Viverone, in Alto Piemonte, dove Cellagrande produce un sorprendente Metodo Classico Brut millesimo 2004 ricavato da uve di Erbaluce di Caluso, una varietà antichissima e autoctona di quelle terre, che ha sostato quasi 10 anni sui lieviti. Un colore lucente, che spazia dal dorato all’ambra, al naso dolci sentori, dal fiore della ginestra all’ananas maturo, al palato suadente, setoso, morbido, una freschezza ancora presenta ed un gusto molto persistente … chapeau!

Se non c’è due senza tre, non ci resta che aspettare la nuova edizione e le sorprese che ci riserverà!

[Photo Credit: Antonio Cimmino]
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