VinoNews24 – P#327 e l’arte del Brunello secondo Campogiovanni
Articolo pubblicato a maggio 2025 su Vinonews24.it (https://tinyurl.com/sbpfvh9m)
Dalle intuizioni di Enzo Morganti al progetto P#327: la forza gentile della Val d’Orcia nelle sfumature dei Brunello di Campogiovanni, oggi di proprietà di San Felice, tra ricerca dell’equilibrio, visione sartoriale ed eleganza ilcinese.
P#327 è un codice sule mappe del versante sud-occidentale di Montalcino, dove la tenuta Campogiovanni è adagiata su un terrazzo naturale che domina la Val d’Orcia, diventando nel tempo sinonimo di autenticità nel panorama del Brunello.
La storia della cantina ha inizio nel 1981, quando Enzo Morganti, all’epoca direttore tecnico di San Felice, decise di scommettere su un territorio allora poco esplorato per la produzione di Brunello. In un’epoca in cui la fama di questo vino era ancora in costruzione e l’area di Campogiovanni era ben lontana dai riflettori, Morganti intuì le straordinarie potenzialità di quel paesaggio ancora incontaminato. La sua fu una scelta coraggiosa e controcorrente, ma il tempo ha premiato la sua visione. Oggi, a oltre quarant’anni di distanza, con 25 ettari di vigneti e una produzione annua di 120mila bottiglie, l’azienda si conferma come realtà dinamica e interessante.

L’APPROCCIO ENOLOGICO DI CAMPOGIOVANNI
Nel corso degli anni, Campogiovanni ha sviluppato un’identità sempre più definita, guidata dapprima da Enzo Morganti e poi da Leonardo Bellaccini, enologo e direttore tecnico delle tenute del gruppo San Felice, attivo su Montalcino dal 1984. Vera memoria storica della cantina, l’enologo ha accompagnato l’evoluzione della tenuta, portandola da un nucleo iniziale di soli 9 ettari vitati agli attuali 25, inseriti in una proprietà di 65 ettari complessivi.
Bellaccini, che ama definirsi “uomo di Campogiovanni” più che di San Felice, ha costruito nel tempo una visione agronomica attenta e un approccio enologico misurato, sempre più orientati a valorizzare le specificità del suolo e del clima. La vinificazione separata delle diverse parcelle rappresenta una scelta strategica, volta a far emergere il carattere unico di ciascuna annata e di ogni singolo appezzamento. L’intervento in cantina resta volutamente minimale, per permettere al vino di esprimere al meglio il proprio potenziale senza forzature. Ne nasce un Brunello capace di evolvere lentamente, conservando freschezza e complessità, senza mai perdere l’aderenza alla tradizione e all’identità profonda del territorio ilcinese.

CAMPOGIOVANNI, UNA TENUTA A MISURA D’UOMO
Oggi San Felice (di proprietà del gruppo assicurativo Allianz) gestisce complessivamente 188 ettari vitati distribuiti tra Castelnuovo Berardenga nel Chianti Classico (sede principale), Montalcino e Bolgheri. Una realtà in forte espansione, che sta affrontando un significativo processo di ammodernamento delle strutture produttive.
All’interno di questo scenario in evoluzione, Campogiovanni conserva però un’anima più intima, quasi artigianale – come dimostra il progetto P#327. Qui la viticoltura si fa sartoriale: ogni parcella viene studiata con attenzione, osservata nei suoi dettagli, per esprimere al meglio le potenzialità del singolo vigneto. I suoli spaziano da depositi alluvionali sabbiosi e ciottolosi a marne calcaree ricche di scheletro, mentre le altitudini medie superiori ai 400 metri garantiscono escursioni termiche favorevoli a una maturazione lenta e completa. La posizione della tenuta, accarezzata dai venti freschi della Val d’Orcia, contribuisce a dare ai vini una spiccata freschezza, cifra stilistica dei Brunello provenienti da questa zona. Il clima mediterraneo, unito alla collocazione altimetrica, favorisce una maturazione fenolica ottimale, elemento essenziale per conferire struttura e longevità ai vini.

P#327, L’ESSENZA DI UNA PARTICELLA NEL NUOVO BRUNELLO DI CAMPOGIOVANNI
Tra le espressioni più raffinate dell’approccio Campogiovanni, spicca oggi il P#327, un Brunello che nasce da una singola parcella di un ettaro, selezionata dopo anni di microvinificazioni e identificata nei documenti storici del Catasto Leopoldino. È un progetto ambizioso, frutto di una ricerca quasi ossessiva della “essenza più pura del sangiovese“.
“Con il P#327 andiamo oltre il concetto di cru, non è semplicemente un vino di vigna, ma la materializzazione di un’idea – racconta Bellaccini – Da un vigneto di sei ettari, con suoli variabili tra argille, sabbie e una zona di transizione tra le due, vinificavamo tre vasche separate. Anno dopo anno, quella proveniente dalla Vigna Alta filari più in alto si distingueva con chiarezza. Ricostruendo il percorso a ritroso per individuare quali filari ci potessero regalare un Brunello di struttura, sì, ma elegantissimo e con tannini levigati, siamo risaliti alla particella numero 327”.
Con una produzione limitata a circa 6.600 bottiglie, il P#327 Brunello di Montalcino DOCG 2020 rappresenta una ricerca di eleganza nella profondità, di struttura nella leggerezza. La fermentazione avviene in acciaio, con lunghe macerazioni sulle bucce fino a 20 giorni, seguita da fermentazione malolattica in inox. L’affinamento prosegue per 30 mesi in botti grandi di rovere da 30 e 50 ettolitri, e per altri 12 mesi in bottiglia. Il risultato è un Brunello che si apre lentamente al naso, con note di piccoli frutti rossi, rosa canina e macchia mediterranea, impreziosite da accenni di spezie fini, grafite e tabacco. Al palato si rivela elegante e cesellato, con tannini finemente integrati e una freschezza vibrante che accompagna il sorso fino a un lungo finale armonico. È un vino che “pinotteggia”, discreto e profondo, capace di sedurre con sobrietà. L’etichetta “gessata” e il nome dorato ne sottolineano l’eleganza e l’identità sartoriale.

NOTE DI DEGUSTAZIONE
Oltre al recente P#327, la gamma di Campogiovanni comprende anche un Rosso di Montalcino, un Brunello di Montalcino prodotto regolarmente ogni anno, un Brunello da vecchie vigne e la storica Riserva Il Quercione.
Campogiovanni Brunello di Montalcino Docg 2020 e 2010
Con una produzione annua di circa 80mila bottiglie, il Brunello di Montalcino Campogiovanni è la referenza più rappresentativa della tenuta. L’annata 2020 si distingue per l’equilibrio e la capacità di interpretare con grazia un’annata segnata dal cambiamento climatico. I tannini sono levigati e accompagnati da una freschezza salmastra, mentre il frutto, tra susine e piccoli frutti rossi, si intreccia con erbe aromatiche e una delicata speziatura di chiodi di garofano. L’affinamento in legno, discreto e mai invasivo, accompagna lo sviluppo del vino senza appesantirlo. Il sorso è ampio, con un allungo vibrante e una persistenza che richiama frutta sotto spirito e tabacco. Vendemmiato nella prima decade di ottobre, il 2020 ha beneficiato di un’estate lunga che ha rallentato la maturazione ma favorito l’acidità e la finezza, merito anche di un clone di sangiovese, capace di mantenere freschezza anche nelle stagioni più ardue, seppur le rese si sono ridotte di ben il 30%. Vinificazione in acciaio con malolattica compresa, macerazione di 20 giorni, affinamento di 36 mesi in botti di rovere di Slavonia da 60 ettolitri e in parte in tonneaux francesi, poi 12 mesi in bottiglia.
La 2010, invece, rappresenta un’annata classica, con forti escursioni termiche e una maturazione lenta. Il risultato è un Brunello austero e complesso, dal colore granato con riflessi aranciati. Al naso emergono sentori evoluti di erbe officinali, note chinate e una chiusura agrumata. In bocca si mostra disteso, meno vibrante della 2020 ma di grande fascino, con una nota mentolata che ravviva il sorso e un finale che ricorda l’arancia sanguinella. Un vino elegante e maturo, che a distanza di quasi 15 anni esprime ancora profondità e compostezza.

Campogiovanni Il Quercione Brunello di Montalcino Riserva Docg 2019 e 2015
Nata nel 1990, Il Quercione è la Riserva storica di Campogiovanni e viene prodotta solo nelle annate più significative. Proviene da un vigneto di 2,7 ettari impiantato nei primi anni Ottanta, su suoli inizialmente esclusi dal disciplinare per la sua altitudine, 600 metri. È anche grazie a Il Quercione se questi appezzamenti sono stati rivalutati, portando a un ampliamento delle aree idonee alla produzione di Brunello. Il sangiovese qui è allevato a cordone speronato su un terreno franco sabbioso con presenza di ciottoli e ghiaia, con presenza di marne calcaree per un Brunello che combina struttura, potenza ed eleganza, senza rinunciare a bevibilità e finezza anche in gioventù. La fermentazione avviene in acciaio con macerazioni di 25 giorni, seguite da malolattica e affinamento in tonneaux di rovere francese per due anni, quindi un ulteriore riposo di almeno tre anni in bottiglia. La produzione si aggira intorno alle 7mila bottiglie l’anno.
La Riserva 2019 si presenta armoniosa e vivace, con un frutto rosso nitido e croccante, un bouquet floreale e un tocco balsamico ben integrato. I tannini sono dolci e succosi, l’acidità brillante, senza note amaricanti. È un Brunello godibile fin da subito, ma con un importante potenziale evolutivo.
Diversa l’impostazione della 2015, figlia di un’annata calda e intensa. Il vino mostra maggiore struttura e austerità, con tannini ancora da domare. Il frutto lascia spazio a note speziate, cuoio, foglie di eucalipto e una scia balsamica che ne alleggerisce la trama fitta, quasi old style. È una Riserva che ha bisogno di tempo per esprimersi appieno, pensata per un lungo invecchiamento e capace di sorprendere con la sua profondità e classicità.

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Brunello di Montalcino, Degustazioni, Toscana, Val d'Orcia
