Abbeverarsi alla Sorgente del vino

Articolo pubblicato a marzo 2016 su LorenzoVinci.ilgiornale.it (https://bit.ly/2s0S99H)

“Le pratiche che rispettano l’integrità della composizione naturale del vino sono lecite nella misura in cui apportano un’intelligente correzione alle sue imperfezioni. La Natura, nella sua infinita sapienza, ha tutto previsto perché l’uva, se è sana, se è colta al punto esatto, si trasformi in vino col minimo aiuto dell’uomo; aiuto che deve favorire i fenomeni naturali e non alterarli”.

Così scriveva Gino Veronelli nel 1979. Oggi il dibattito su esistenza o meno del “vino naturale”, o se lo si fa  in vigna o in cantina, è molto acceso.

Vero è che il vino Naturale non ha ancora un disciplinare, probabilmente perché ad oggi si tratta semplicemente di una filosofia di vita, di un modo di lavorare, una forma mentis del singolo vigneron  più che un pedissequo seguire un disciplinare.

Meglio conoscerlo che spiegarlo, e per farlo incontriamo chi lo produce sul campo.

Una grande occasione è arrivata dall’edizione 2016 di Sorgentedelvino LIVE, la mostra dei vini naturali, di tradizione e di territorio realizzata in collaborazione con l’associazione culturale Echofficine. Tre giornate affollate di amanti del vino, tenutasi a Piacenza Expo dal 20 al 22 febbraio, che han potuto incontrare oltre 150 vignaioli provenienti da tutta Italia e dall’estero. Oltre ai produttori, ad animare la maifestazione ci han pensato Sandro Sangiorgi, della storica rivista di cultura enologica Porthos, Walter Massa, vignaiolo tortonese e vicepresidente FIVI e Paolo Rusconi, curatore di Sorgentedelvino LIVE, che han guidato quattro degustazioni, di vino ed eccellenze alimentari, SOLD OUT.

Proprio durante l’ultimo giorno della manifestazione, è stata presentata all’assemblea dei vignaioli la carta d’intenti del vino naturale italiano basata sulla “convinzione ispiratrice che il vino continui ad essere quella risorsa alimentare corroborante e salutare come è stata conosciuta nei secoli, e non debba essere ridotto a una sorta di bevanda, alterandone e correggendone sistematicamente i costituenti”.

Vis Amoris

Da Imperia con la forza dell’Amore, l’amore per una terra e soprattutto per il Pigato, il vitigno autoctono ligure declinato in sei insolite versioni. Tutto questo per realizzare il sogno di Rossana e Roberto, uniti in vigna ma soprattutto nella vita!

Domè 2014: il Pigato di entrata di Vis Amoris, sia perché è quello da bere giovane, aromatico, fresco, beverino sia perché ha permesso il debutto sulla scena enologica alla giovane cantina ligure.

Verum 2014: fermenta sulle bucce e affina almeno 6 mesi in bottiglia. Al naso, i tipici profumi di macchia mediterranea, fine e alquanto complesso, in bocca spicca per sapidità e persistenza.

Sogno 2013: macerazione sulle bucce e fermentazione parziale in barrique, affina quasi un anno in bottiglia prima di essere immesso sul mercato. Proviene dalla terrazza più alta. Intensità, complessità, eleganza, evoluzione che porta verso note agrumate candite, a tratti balsamico. Un vino fresco, armonico che promette tanta longevità.

Metodo Classico Millesimato 2012 Brut: il vino fortemente voluto da Roberto, che credeva che il pigato potesse esprimersi ad alti livelli anche con questo metodo. Questa versione affina 24 mesi sui lieviti, ma in cantina sta riposando una riserva 2010 pronta per il prossimo luglio dopo oltre 60 mesi di “sur lie”.

Regis 2011: un pigato in purezza molto “francese”, sei mesi in barrique sulle proprie fecce fini, un passaggio in acciaio di 4 mesi ed oltre due anni in bottiglia. Intenso, fine, minerale con una leggera nota di boisé. Al palato ricco, grande struttura, sapidità e lunga persistenza. Un vino che rispecchia l’eccellenza del progetto intrapreso da Rossana e Roberto.

Cascina Boccaccio

A Tagliolo Monferrato, provincia di Alessandria, in una terra di tradizioni più liguri che piemontesi, Roberto e sua moglie Ilenia hanno ridato lustro all’azienda agricola che Celso, bisnonno di Ilenia, classe 1875, con molta determinazione fondò.  A lui sono dedicate diverse etichette del vino più rappresentativo della zona ovvero il Dolcetto di Ovada.

I vigneti sono interessati dal vento che arriva dal mare, i terreni e le esposizioni regalano struttura e concentrazioni, ma allo stesso tempo eleganza e raffinatezza.

Celso 2013: Dolcetto di Ovada Doc, affina sulle fecce fini in botti di cemento vetrificato. Molto fruttato, in bocca spicca per sapidità e per una gradevole vena alcolica.

Celso Zero 2013: vinificato e imbottigliato senza aggiunta di solfiti, ma che sfrutta quelli naturalmente prodotti durante la fermentazione alcolica. Tannino in evidenza ma davvero piacevole.

e … Celso 2013: un gioco di parole per questo Ovada Docg che affina dodici mesi in tonneau di rovere francese usate. Un Dolcetto che deve ancora evolvere per esprimere al meglio le sue potenzialità.

Nonno Rucchein Riserva 2012: cru dedicato a Rocco, il papà di Celso, affina due anni in botti di rovere da 10 ettolitri. Basse rese, tra i 50 e i 60 quintali per ettaro, per un vino intenso, fine, elegante, di gran struttura e morbidezza. Un campione dell’ #Ovadarevolution!

Tenuta Belvedere

Giovanissima realtà dell’Oltrepò Pavese, la prima vendemmia è del 2013, con una storia che parte dal lontano. Quella della famiglia Sarchi-Faravelli, di tradizione vignaiola, che già da fine ‘800 produceva vino e che è arrivata fino ai giorni nostri, da quando Gianluca Cabrini, entrando a far parte di questa famiglia, ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alla sua passione per il vino con il desiderio di far rinascere in Tenuta Belvedere una grande tradizione del passato.

m’Ami 2014 Extra Brut: charmat lungo da Pinot Nero in purezza, fresco, floreale, fruttato. Dallo stesso mosto fiore il primo metodo classico dell’azienda che vedrà la luce a fine 2017, dopo aver trascorso almeno 30 mesi sui lieviti.

Riesling 2014: 100% Renano, pressatura soffice e chiarificazione statica a freddo, dopo la fermentazione è mantenuto sulle fecce nobili per circa 9 mesi con batonnage settimanali. Vino giovane, profumo intenso, al palato grande mineralità e sapidità.

Bonarda Doc dell’Oltrepò Pavese 2014: versione frizzante ottenuta da vecchie vigne di 50 anni (90% Croatina, 5% Barbera, 5% Uva rara). Zero solfiti aggiunti, sia in vinificazione sia in imbottigliamento. Un vino della tradizione, dai riflessi violacei. Al naso sentori di frutti di bosco, al palato giustamente tannico, è dotato di una buona persistenza.

Coccìnea 2014: Croatina in purezza, nessun solfito aggiunto, dopo la fermentazione alcolica, il vino viene posto in serbatoi di cemento dove compie la fermentazione malolattica e riposa per quasi un anno. Prima di essere messo in commercio affina per un altro anno in bottiglia.

Az. Agr. Bini Denny “Podere Cipolla”

Un solo ettaro, nella terra di Tonino Guareschi, Denny produce 6000 bottiglie, due passioni, una per il mare, dai nomi delle sue bottiglie è più che evidente, l’altra ovviamente per Lambrusco e Malbo gentile.

Da buon skipper ha in mente una rotta ben precisa: “Produrre uve di ottima qualità che siano legate al territorio sia per tipicità sia nel rispetto di esso, uno volta fatto questo il vino verrà da sé”

Levante 90 2014: Malvasia di Candia per il 75%, più altre uve come Spergola, Moscato, Trebbiano. Un giorno di macerazione, dopo la svinatura rifermenta in bottiglia. Da provare!

Rosa dei Venti 2014: un rosato di Lambrusco Grasparossa e Malbo Gentile, il cui mosto fiore dopo 5 mesi di affinamento in acciaio, rifermenta in bottiglia, riposando ulteriori 6 mesi. Seppur rosato il tannino s’inizia a palpare.

Ponente 270 2013: un lambrusco reggiano “old style”. Malbo Gentile e i tre lambruschi dell’azienda, Grasparossa, Salamino e Sorbara. Macerazione che inizia a diventare importante (dai 4 ai 5 giorni), affinamento in bottiglia per almeno un anno.

Maestrale 315 2013: Malbo Gentile in purezza, vino fermo, pressato col torchio manuale, un mese di macerazione, due mesi in acciaio e oltre un anno e mezzo in vecchie barrique di terzo e di quarto passaggio. Corpo, tannino e alcol le tre caratteristiche principali.

Tramontana 360 2014: Malbo Gentile versione passita, 5 mesi di appassimento in fruttaio, 40 giorni di macerazione, torchiato manualmente, affinamento in botticelle di rovere da 100 litri fino al dicembre dell’anno successivo alla vendemmia. Buona freschezza, una dolcezza non invadente e ottima persistenza.

Camerlengo

Alle pendici del Monte Vulture, il vulcano lucano spento in epoca preistorica, terra d’elezione dell’Aglianico, ci si imbatte in Antonio Cascarano, che ha recuperato dall’oblio parte dei vecchi vigneti dell’azienda di suo nonno Giovanni Falaguerra, famoso produttore vinicolo fino agli anni settanta, con l’obbiettivo di far esprimere l’Aglianico del Vulture al massimo livello, ma solo grazie ad un’agricoltura naturale e ad una trasformazione dell’uva in vino che si giovi dei tempi giusti.

Accamilla 2013: un insolito bianco per la zona (malvasia 60%, il resto Santa Sofia e Cinguli), dedicato a Camilla il suo cane scomparso prematuramente. Macerato dieci giorni sulle bucce in tini di castagno, veloce passaggio in tonneau, nessuna filtrazione. Un vino intenso e fine dalla vulcanica mineralità. Al palato risulta fresco, molto salino, sufficientemente equilibrato con una buona persistenza.

Antelio 2013: Aglianico vinificato in tini di castagno ed affinato in botti da quaranta ettolitri, sempre di castagno. Dai profumi molto intensi, frutta matura e fiori secchi. Il tannino c’è e si sente, struttura e sapidità le sue peculiarità.

Camerlengo 2008: qui l’Aglianico invecchia per 12 mesi in barrique di primo, secondo e terzo passaggio, ci si sposta,quindi, su sensazioni intense e molto più complesse, dall’amarena sottospirito alla confettura di prugna. Speziato, con note quasi balsamiche. In bocca è potente ma elegante, morbidezza in gran evidenza, ed un tannino setoso che avvolge il palato. Di buona freschezza, con una spiccata salinità che ne fanno intuire successive evoluzioni.

Spiegare, come vedete, non rende l’idea di quanto il vino naturale, di territorio, sia soprattutto tornare ad un passato con la coscienza del presente, recuperare le tradizioni senza perdere di vista il cammino che ciascun ha fatto fino ad oggi. Il disciplinare darà le regole, ma il lavoro sarà sempre fatto con il cuore!

[Photo Credit: Antonio Cimmino]

 

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