Anteprime e novità al Vinitaly 2016

Articolo pubblicato a maggio 2016 su lorenzovinci.ilgiornale.it (https://goo.gl/iVhdzq)

A Verona torna in scena la passione, protagonista il vino e i suoi amanti!

A quasi un mese dalla chiusura del Vinitaly, rimane fresco il ricordo di un cinquantesimo ricco di anteprime e novità.

Come sempre gli oltre 4.000 espositori, provenienti da più di 30 nazioni, hanno fatto a gara per attirare l’attenzione dei circa 130mila operatori, quasi 50.000 le presenze straniere con 28.000 buyer accreditati dai mercati internazionali, con avvenimenti, anteprime, nuove annate o edizioni limitate delle loro etichette. Un evento che quest’anno ha visto sì una diminuzione del numero di partecipanti, ma con una qualità del pubblico notevolmente migliorata, supportata da una crescente qualità dei servizi offerti da Veronafiere, anche se, specialmente nella giornata di lunedì, la viabilità è andata in caos, riesumando l’eterno dilemma se sia giusto o no organizzare a Verona la manifestazione del vino con il maggior numero di presenze in Europa.

Ed ecco alcuni dei protagonisti:

Il Collio, Ertè e il 50° di Livon

Il 50° Vinitaly di Livon, la storica azienda familiare che da mezzo secolo si dedica alla valorizzazione dell’eccellenza enologica del Collio, rimarrà negli annali per la presentazione in anteprima della “Selezione 50esimo Anniversario 2014”. Un vino voluto dai fratelli Valneo e Tonino, entrati in azienda negli anni ’80 per aiutare il padre Dorino, per festeggiare i 50 anni, come segno di riconoscenza verso quei genitori che da contadini nel 1964 fondarono l’azienda e per lasciare una traccia alle generazioni future che oggi sono già in azienda (la terza).

Friulano e Ribolla Gialla in egual misura, coltivati sulle colline di Ruttars, due antichi e nobili vitigni che incarnano l’identità di una terra dalla grande tradizione vitivinicola, vendemmiati a mano la mattina del 6 settembre del 2014, dopo la pressatura hanno fermentato e maturato insieme per otto mesi in barrique di rovere ungherese della zona del Tokaji, imbottigliato nel Luglio 2015. Da questo mese è in commercio.

Valneo è anche un grande ammiratore di Romain de Tirtoff detto Ertè, pittore, scultore, scenografo russo e anche illustratore. Due delle sue opere, Number Five e Zero del 1968, sono state “prestate” per creare il numero 50. Lo stesso Number Five rovesciato era ed è il segno inconfondibile di Livon, la famosa donna alata a forma di C, iniziale di Collio.

Un vino dal carattere forte che il legno ha ingentilito, donando finezza, eleganza e soprattutto rispetto per le note fruttate tipiche dei vitigni, una equilibrata sapidità che invoglia a degustarlo ancora e ancora. Un vino da collezione, unico e irripetibile, di cui sono state prodotte 3.059 bottiglie e 242 Magnum.

Una grande famiglia, con un forte rispetto per la terra e per la tradizione, una smisurata passione condita da una sempre più rara (ai nostri giorni) umiltà: mandi mandi da LIVON!

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CentoxCento Grechetto

Un produttore a Todi (PG) negli ultimi anni sta cercando di promuovere la viticultura umbra a tutto tondo, puntando sui vitigni autoctoni, non concentrandosi solo sul più che noto Sagrantino di Montefalco, Leonardo Baccarelli di Roccafiore ha presentato i due vini bianchi simbolo della produzione, il Bianco Fiordaliso 2015 e il FiorFiore 2014, espressioni e anime di Todi.

Il primo è un uvaggio di Grechetto di Todi (85%) a grappolo spargolo e Trebbiano Spoletino (15%). Nasce su microterrazzamenti argillosi-sabbiosi, lavorazione manuale, tutto il ciclo produttivo è all’insegna della sostenibilità ambientale, e si fregia della certificazione Green Heart Quality, marchio della Regione Umbria, la prima a dotarsi in Italia di un marchio ecologico pensato per certificare e premiare chi segue una filosofia green.

Un vino fresco, caratterizzato da profumi delicati di fiori bianchi e note fruttate mature dovute alla stagione calda. Buona persistenza gustativa e piacevolmente sapido.

A Todi ci sono circa 10 produttori rappresentativi di Grechetto, meno coloro che lo vinificano in purezza, cosicché il FiorFiore 2014 può essere considerato una vera preziosità. Proveniente dal vigneto più vecchio dell’azienda, dopo la pressatura, il mosto decanta naturalmente, la fermentazione avviene in vasche d’acciaio con lieviti indigeni, matura 12 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia e poi 4 mesi in bottiglia. La freschezza dei fiori di campo, l’intenso aroma del fieno scaldato dal sole, la delicatezza della spezia dolce, una complessità olfattiva che non denota il lungo passaggio in legno ma che invece dà al vino quella nota glicerica, quella morbidezza e quel pizzico di struttura in più che rende, nel complesso, questo vino molto elegante sia al naso che al palato.

Tra i rossi, il loro vino di punta è la Prova D’Autore 2013, che nasce dalla sinfonia delle tre grandi uve Sagrantino 40%, Montepulciano30% e Sangiovese 30%, tre vendemmie, rigorosamente manuali, e tre lavorazioni separate a mano. 24 mesi in barriques francesi nuove e di secondo passaggio. Un vino che vuole rappresentare l’Umbria. L’etichetta somiglia a una tavolozza, il blend, realizzato dall’enologo Hartmann Donà, ogni anno sarà diverso proprio per raggiungere quel risultato finale, la prova d’autore, tanto immaginata, quanto cercata.

Roccafiore non è solo un’azienda vinicola, ma ai 15 ettari di vigneti di proprietà negli anni si sono aggiunti altri 75 ettari dedicati all’agricoltura, all’oleicoltura, all’allevamento e boschi per meglio preservare il territorio, ed infine ristorante, resort e centro benessere.

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Lo Champagne dell’Emilia Romagna

Questa fu la definizione che Mario Soldati nel suo “Vino al Vino”, il viaggio alla ricerca dei vini genuini, diede al Lambrusco, la famiglia di vitigni più legati alla propria terra, forse gli unici discendenti diretti della vite selvatica.

Tra questi il Sorbara è il lambrusco diverso da tutti gli altri, forse quello più identitario, scarico di colore, austero, molto fresco, teso, tagliente in bocca, elegante al tempo stesso e dall’incredibile sapidità.

Tra i migliori interpreti ci sono anche le cantine cooperative della provincia di Modena, le più antiche d’Italia, se si escludono le famose “Kellereigenossenschaften”, ovvero le “Cantine sociali” del Südtirol, le prime in Italia (anche se all’epoca erano appartenevano all’Impero austro-ungarico) a promuovere l’associazionismo tra vignaioli.

La Cantina di Carpi, la prima in ordine di data, fondata nel 1903, e la Cantina di Sorbara, del 1923, nel 2012 si fondono diventando così la Cantina di Carpi e Sorbara. Nello stesso anno nasce l’ambizioso progetto Omaggio a Gino Friedmann, l’eroe del mondo cooperativo modenese (e non solo) che, con il suo lavoro e le sue idee innovative e pionieristiche, ha dimostrato come tramite la cooperazione era sì possibile superare le avversità del momento ma soprattutto si poteva fare eccellenza! Con lo stesso spirito i suoi “allievi” si son posti l’obiettivo di recuperare la classicità del Sorbara, attraverso l’utilizzo dell’etichetta originale, reinterpretando la storia ed il territorio in una chiave più moderna.

Risultato raggiunto, visto che il Lambrusco di Sorbara DOP Omaggio a Gino Friedmann è stato premiato con i tre bicchieri nel 2015 dalla guida del Gambero Rosso nella versione charmat, mentre nell’edizione 2016 il premio è andata alla versione rifermentata in bottiglia.

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C’è chi invece, come Christian Bellei di Cantina Della Volta, nell’esplorare nuovi territori all’interno del suo affascinante viaggio nel mondo del Metodo Classico, con il suo fedele compagno d’avventura, il Lambrusco di Sorbara, l’ha spogliato del suo colore, regalando ancora una volta a quest’uva autoctona dei terreni alluvionali del fiume Secchia una magistrale e raffinata interpretazione.

Tutto questo al fine di dimostrare ancora una volta, coma da lui stesso dichiarato:

“le grandi potenzialità di questo vitigno unico dotato di un talento spumantistico tanto straordinario quanto affascinante, in grado di stupirmi ogni volta, attraverso la sua dinamicità, la sua sottigliezza, la sua versatilità”.

Ha tolto così il colore, vinificando il Sorbara in bianco, senza nessun contatto con le bucce neppur in pressatura, affinché non ci fosse nessun pensiero negativo, nessun pregiudizio, gli occhi non avrebbero dovuto aiutare la degustazione lasciando la parola solo al palato.

Il Vino Bianco Spumante di Qualità M.C 2012, 34 mesi sui lieviti, un perlage dall’assoluta finezza, elegante, fresco, una bevuta molto piacevole che richiama subito il sorso successivo. Un vino che seppur derivi da un vitigno “popolare” sa trasmettere emozioni quando si degusta, ne senti l’eccellenza, è un prodotto che si può posizionare in alto e far crescere la curiosità intorno al lambrusco, indipendentemente che sia bianco, rosso, metodo classico o rifermentato in bottiglia. Bere meno ma di qualità.

Anche l’etichetta gioca molto con questo Blanc de Noir, una velina protettiva di colore rosso avvolge la bottiglia, cosicché solo all’ultimo, scartando la bottiglia si scopre il suo bianco candor.

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Amarone e non solo

C’è chi pensa che l’Amarone debba essere assaggiato solo quando è veramente pronto, preferendo quindi tenerlo in cantina qualche anno in più, per essere sicuri che quando viene stappato possa regalare emozioni uniche. Lui è Guido Accordini, titolare, assieme alla moglie Liliana, della storica cantina Accordini Igino nel cuore della Valpolicella, a San Pietro in Cariano, che ha deciso di presentare il suo vino di punta, l’Amarone della Valpolicella DOCG “Le Bessole” 2011 al Vinitaly, piuttosto che partecipare all’anteprima dell’Amarone organizzata dal Consorzio, tenutasi a fine gennaio che era rivolto ai vini dell’annata 2012.

“Le Bessole” è il nome del cru (circa tre ettari) dal quale, nel 1821, è iniziata la storia della cantina, Corvina Veronese e Corvinone 70%, Rondinella 20%, Rossignola 10%, grande personalità e carattere, con sentori speziati e di frutta sottospirito. Un Amarone fresco, morbido, che si fa bere e dal finale molto persistente, che nel suo cammino di quasi 5 anni per arrivare dalla vendemmia alla nostra tavola passa attraverso 6 mesi di appassimento, 10 mesi in serbatoi d’acciaio tra fermentazione, rimontaggi, e almeno tre travasi, 12 mesi di riposo in tonneau di secondo passaggio e ulteriori 6 mesi in barrique sempre di rovere francese. Trascorso questo tempo è lasciato a riposare in contenitori d’acciaio fino all’imbottigliamento, e solo dopo almeno 6/8 mesi è pronto per la vendita.

La Corvina Veronese “Le Bessole” 2010, è un vino sorprendente, vinificato con lo stesso procedimento dell’Amarone, regala emozioni inaspettate, un continuo saliscendi di bitter&sweet che batte su note molto più speziate, mentre il Recioto della Valpolicella Classico Le Viole 2012 è meravigliosamente morbido, suadente, accattivante, intrigante!

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Puglia: un cerchio che si chiude

Amaluna Extradry 2015, il nuovo spumante blanc de noirs realizzato esclusivamente con uve da Negroamaro, è stata la novità presentata al Vinitaly dalla cantina pugliese Due Palme, la più grande realtà cooperativa del mezzogiorno.

La cantina, presieduta da Angelo Maci, ha creduto fin da subito nel Negroamaro, vitigno versatile, dinamico con le potenzialità di poter dar vita a uno spumante di territorio ma che rappresentasse anche un modo non impegnativo nel bere vino e che fosse uno strumento di aggregazione tramite la degustazione di un buon calice di vino.

Questo è il primo metodo charmat interamente realizzato nel Salento, grazie all’impianto di spumantizzazione entrato in funzione nel corso della vendemmia 2015 nella cantina di Cellino San Marco. Con la possibilità di chiudere la filiera produttiva del proprio spumante, sono riusciti a contenere i costi e a monitorare molto meglio la qualità del prodotto, grazie anche alla continua ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie che sono sempre al centro della filosofia aziendale di Due Palme.

Spumante un po’ ruffiano, dal perlage fine e delicato, al naso molto floreale, note fruttate fresche a tratti agrumate, in bocca prevale la morbidezza, ma sapidità e acidità non fanno di certo mancare il loro apporto.

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Sempre in Puglia, ma in terra di Primitivo di Manduria, le sorelle Lacaita, Simona e Marika, il loro cerchio l’hanno chiuso con la presentazione al Vinitaly del primo Wine Resort di Puglia in un Castello firmato da Trullo di Pezza, la loro azienda vitivinicola di Torricella (TA).

Il Vinilia Wine Resort è solo l’ultimo tassello a completamento della loro “Wine experience Farm”, che, insieme alle cinque etichette, vuole raccontare il vino attraverso l’esperienza emozionale di vivere immersi in quel mondo intriso di storia e tradizioni accompagnati da bellezza ma anche modernità, design e rispetto per il territorio.

Ad oggi il loro vino più rappresentativo è il Licurti 2014, un Primitivo di Manduria biologico che fa, e vuole fare, della freschezza il suo punto fermo, e pensato per percorrere un cammino in costante evoluzione. Affina solo sei mesi in barrique di rovere francese (30% di primo passaggio). Al naso è intrigante, complesso, frutti neri molto maturi. In bocca ha una bella struttura, è morbido, dai tannini eleganti e levigati, ed un finale persistente. Un vino inebriante.

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La rinascita del Vermouth

1891 è sia l’anno di fondazione della storica casa piemontese di vini aromatizzati e spumanti Giulio Cocchi che il numero di bottiglie di questa prima e speciale edizione della Riserva La Venaria Reale, il nuovo Vermouth di Torino creato in occasione del 125° anniversario dell’azienda, in collaborazione proprio con la Reggia di Venaria, e che ha debuttato in questa edizione del Vinitaly.

In questi anni la famiglia Bava, dal 1978 a capo dell’azienda, è stata un po’ il motore della rinascita e del rilancio di questo prodotto a livello internazionale, con l’obiettivo di mostrare a tutti le diverse sfaccettature del Vermouth di Torino, dimostrando quanto possa essere anche un risultato eccellente e di alta gamma. La “riserva” è riconoscibile per l’intensità della freschezza floreale e per la densità aromatica delle sue spezie. La base è un vino moscato secco aromatizzato con artemisia, rabarbaro, erbe alpine e menta piemontese. Di colore scuro, senza aggiunta di caramello, è fresco, piacevolmente dolce ma non stucchevole.

Un vino, seppur aromatizzato, che può essere abbinato ad alcuni cibi e utilizzato come ingrediente nobile in cucina, per andare oltre il classico consumo tradizionale, riscoprendo e valorizzando così un prodotto di territorio che rappresenta un fiore all’occhiello per il Piemonte.

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Il Vino si fa Arte o l’Arte si fa vino?

Al Vinitaly per la quarta volta si è celebrato il prestigioso matrimonio tra La Grola, l’IGT Veronese, vino simbolo della Valpolicella e testamento spirituale dell’attività di Giovanni Allegrini, e il mondo dell’arte. Infatti a partire dal millesimo 2010, ha preso il via il progetto di allestire una galleria di etichette d’artista aperta con un quadro di Milo Manara, quella del 2011 è caratterizzata da un’opera di Arthur Duff, e per il 2012 un dipinto di Athos Faccincani.

Grazie a delle collaborazioni già in atto con l’Ermitage di San Pietroburgo, il La Grola 2013 in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita di Wassily Kandisky, uno dei più grandi artisti del novecento, è stato vestito da Composition VI, dipinto nel 1913. Sia Marilisa Allegrini che Caterina (figlia e nipote di Giovanni) hanno ritrovato un emozionante parallelismo tra le parole di Kandisky:

“Ho tanto lavorato su questo punto fino a dar forma a ciò che dapprincipio desideravo in modo confuso e più tardi ho sentito come un’esigenza imperiosa sempre più chiara nel mio intimo”

E lavoro di Giovanni da quel lontano 1979, quando sulla sommità della collina della Grola acquistò quel vigneto nel cuore della Valpolicella, riscoprendo così quella viticultura di collina che ha gettato le basi affinché questo territorio divenisse riconoscibile per la produzione dei grandi vini rossi.

90% Corvina e 10% Oseleta, grande concentrazione grazie a delle eccezionali condizioni pedoclimatiche. Freschezza e aromi della Corvina, colore e corpo dell’Oseleta, un insieme di eleganza e armonia, tannino suadente, persistenza e ottima longevità.

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Numerose e diverse sono le storie, le emozioni, le persone e soprattutto i vini da raccontare di questa 50ma edizione, anche se quanto descritto credo (e spero!) rappresenti un po’ lo spirito di questo Vinitaly. Tanto entusiasmo, tanta ricerca, innovazione, visioni, idee e soprattutto tanta voglia di comunicarlo e trasmetterlo perché non c’è soddisfazione e gioia più grande nel condividere con gli altri quella derivante dal proprio lavoro, dal proprio mondo!

© Antonio Cimmino

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