Semplicemente Io Bevo Così

Articolo pubblicato a giugno 2017 su LorenzoVinci (https://goo.gl/hjrvvv)

Ancora una volta (ed è la quarta!) Andrea Sala e Andrea Pesce, gli organizzatori di Io Bevo Così, possono ritenersi più che soddisfatti per gli ottimi risultati raggiunti nell’edizione 2017 della rassegna dedicata ai vini naturali e di territorio. Professionisti di settore, chef, sommelier, giornalisti e semplici appassionati sono accorsi a Villa Somma Picenardi (Olgiate Molgora, Lecco) domenica 21 e lunedì 23 maggio per assaggiare gli oltre 450 vini dei 97 vignaioli provenienti da tutta Italia e dall’estero (Francia, Grecia, Spagna, Slovenia e Repubblica Slovacca).

“Crediamo che l’offerta di quest’anno sia stata davvero notevole sia in termini quantitativi che qualitativi. Abbiamo fatto una selezione ancor più minuziosa degli espositori, cercando di offrire ai visitatori molte novità rispetto alla precedente edizione e autentiche chicche legate al mondo dei vini naturali e di territorio – afferma Andrea Pesce, proprietario Vini e Più … Posteria e Caffè di Cantù – Abbiamo registrato, tra l’altro, un netto incremento in termini di presenze degli addetti del settore e dei buyer del mondo del vino, molti dei quali provenienti dall’estero, il che sicuramente dimostra come questa manifestazione sia ormai una realtà consolidata. Proprio per questa ragione ci metteremo subito all’opera per pianificare al meglio la prossima edizione e gli altri eventi che organizzeremo nella provincia di Lecco e non solo.”.

I protagonisti sono stati proprio quei produttori che, presenti alla manifestazione per la prima volta (circa la metà di loro), hanno portato in dote una ventata di freschezza in questo mondo sempre in movimento, raccontando in prima persona le motivazioni che li hanno spinti a intraprendere una scelta produttiva volta all’esaltazione dell’unicità del vino e delle tipicità del territorio attraverso pratiche naturali e assolutamente rispettose della vigna, dell’uva e del terroir.

Andrea Sala, titolare di That’s Wine, distribuzione vini naturali, biologici e biodinamici, si è invece soffermato sulle degustazioni a numero chiuso (tutte sold out) cha hanno affrontato temi quali il metodo ancestrale, i vini biotici di Giorgio Mercandelli (Riluce) ossia i principi della meccanica quantistica applicata al vino, il rapporto tra il whisky e le botti di vino, ,il primo gin del Lago di Como (Rivo Gin).

“Per quanto riguarda le sei degustazioni a numero chiuso, abbiamo cercato di offrire al pubblico dei laboratori che non fossero solo didattici, ma che raccontassero delle realtà uniche nel loro genere e visto l’ottimo riscontro crediamo che il nostro intento sia stato compreso, ma soprattutto apprezzato. Crediamo, dunque, che Io Bevo Così stia crescendo e lo stia facendo nel segno della qualità”.

L’Oltrepò in fermento … naturale

L’azienda vitivinicola Castello di Stefanago, guidata dai fratelli Giacomo e Antonio Baruffaldi, ha una grande fortuna, si trova in una zona collinare, isolata e poco abitata, 135 ettari tutti accorpati di prati, boschi e seminativi a difesa di quei 20 ettari di vigneti, dove per scelta si producono solo 50.000 bottiglie, un habitat che più naturale non si può, dove da cinque generazioni il vino si fa principalmente in vigna.

La loro filosofia è la “più naturale possibile”, e non è un caso se nella produzione del più “classico dei metodi” per gli spumanti hanno deciso di utilizzare il Metodo Ancestrale, ossia quel metodo anticamente utilizzato per la produzione degli spumanti senza uso di tecnologia. Qui le uve sono raccolte a piena maturazione e la fermentazione si arresta con i primi freddi quando è ancora presente un residuo zuccherino. L’arrivo della primavera favorisce il risveglio dei lieviti facendo partire la seconda fermentazione in bottiglia. Sboccatura manuale, rabbocco con lo stesso vino, nessuna liquer aggiunta, anche non zuccherina.

Ancestrale 2012, Pinot nero vinificato in bianco, 36 mesi sui lieviti, cremoso, morbido, perlage che stuzzica il palato, il gusto della frutta matura. Cruasé 2011, Pinot Nero Rosé, colore ottenuto da qualche ora di macerazione durante la pigiatura, 48 mesi sui lieviti, floreale, elegante, equilibrato, persistente. Ancestrale Müller Thurgau 2014, solo 18 mesi sui lieviti per uno spumante scattante, facile, divertente, dall’aromaticità discreta e non invadente. Sempre Müller Thurgau per un Pétillant Naturel molto piacevole, più ricco e meno acido degli altri “frizzantini col fondo”.

Tra i fermi il Bianco 2015 da uve Riesling (80%) e Müller Thurgau che piace tanto ai francesi, un vino diretto, immediato, intuitivo dalla beva facile e che si abbina ad ogni piatto. San Rocco 2010, il cru di Riesling Renano allevato sia a guyot sia a cordone speronato, bellissima finezza, eleganza ed equilibrio. Matura in botte grande di acacia per 14 mesi per smussare le componenti acide, è dotato di un corpo prominente. San Rocco 2012 ha un naso molto intrigante che gioca sugli equilibri aromatici del varietale, una struttura più esile e solo 2 g/l di zucchero residuo (7 grammi nel 2010).

Romagna, un territorio che racconta

La Romagna, non solo spiagge, mare, discoteche e piadina con squacquerone, ma un territorio che racconta di, persone, vini, profumi, sapori e cultura, come quelli che si incontrano a Oriolo dei Fichi, un piccolissimo borgo che sorge nei pressi di Faenza (RA), dove l’attrazione principale è la Torre a pianta esagonale a doppio puntone a pareti inclinate (struttura unica in Italia), alta 18 metri e eretta nel 1476 per volere dei Manfredi. Importante distretto vitivinicolo dai classici vitigni romagnoli, come Sangiovese, Albana, Trebbiano (Romagnolo), Famoso e un rarissimo autoctono sopravvissuto alla filossera che gli Oriolesi vinificavano nelle occasioni importanti, il Centesimino o Savignôn Rosso (come storicamente era conosciuto in zona).

Tra le cantine della zona vi è Ancarani, a condurla, insieme alla moglie Rita, è Claudio che dal nonno oltre alle vigne ha ereditato la passione per il vino, le tradizioni contadine e l’amore per i vitigni autoctoni, compreso il così bistrattato Trebbiano Romagnolo. Indigeno 2016 è la sua versione frizzante “sur lie”, rifermentato in bottiglia grazie a un pied de cuve di mosto decongelato della stessa annata, spicca per sapidità e una punta di limonosità e acidità, che col tempo si smorzerà rendendolo più cremoso. #NonSoloVermoutheTavernello.

Nell’anno del 30esimo compleanno per l’ottenimento della DOCG da parte dell’Albana di Romagna, hanno deciso che la loro versione precoce, quella più fresca, il PerLaGioia, non se ne fregerà. La 2016, non ancora in commercio, ha bisogno del classico colpo di calore per ammorbidirsi un pelino. La 2015 risulta più calda, morbida, con una freschezza che ben si amalgama alla delicata tannicità, richiamando al naso sentori floreali ed erbe aromatiche; buona la persistenza che chiude su una piacevole nota agrumata. Il Sânta Lusa Albana di Romagna Secco DOCG 2014 proviene da una vecchia selezione massale allevata a Pergola (1984 l’anno dell’impianto), meno di un ettaro su sabbia mista ad argilla.

La vendemmia avviene in più passaggi, con una parte in leggera sovra maturazione; un accenno di botrite è percepibile al naso, insieme alle note di camomilla, miele e ai sentori di frutta matura; evoluzione in cammino verso note d’idrocarburo, dal sorso potente, secco e con la dea freschezza a equilibrare un tenore alcolico importante. Un palato estremamente gastronomico. Signore 2016, Famoso in purezza, l’antico vitigno aromatico romagnolo, detto anche Rambela e di cui esistono diverse versioni, riscoperto negli anni ’80 da Elio Montalti nella prebenda della parrocchia di Montesasso, frazione di Mercato Saraceno, dove era utilizzato da suo zio prete per produrre il vino da messa proprio per la sua caratteristica aromaticità. Rita e Claudio non amano che il profumo del vino prenda il sopravvento su tutto, quindi su questo vitigno la filosofia è “lavorare in sottrazione”, anticipando leggermente la vendemmia per raggiungere una certa verticalità e croccantezza del vino, creando un contrasto naso/bocca senza enfatizzare la parte aromatica ma preservandone la sapidità.

Due i Sangiovese di Romagna, il Biagio Antico Superiore 2015 è da sbicchierare in compagnia, anche da aperitivo se bevuto fresco, è rotondo, tannino non invadente, beva pronta e molto piacevole. L’Oriolo 2015 è più impegnativo, evidenti i sentori erbacei rispetto al floreale, l’ingresso in bocca è deciso, la trama tannica è fitta, incalzante, finale lungo e asciutto. Centesimino Savignôn Rosso 2015, tre mesi sulle fecce fini e un anno di affinamento in cemento, naso deciso, profondo, di fiori e di spezie, l’ingresso è caldo, un tannino incisivo che chiama carne, e che si porta dietro buona sapidità e freschezza. Uvappesa 2012, vino rosso da uve stramature di Centesimino, buone anche solo da mangiarne i chicchi, che ritroviamo direttamente nel bicchiere sottoforma di un succo concentrato di frutta, con un’aggiunta di zucchero (60 grammi quelli residui) ed una spolverata di cannella.

Il futuro di Marsala

A Marsala di fronte la Riserva Naturale delle Isole dello Stagnone nascono i vini della Casa Vinicola Ferracane, azienda nata negli anni 90’ per il solo consumo familiare. Oggi al timone c’è Fabio Ferracane, enologo, che nel 2011 di ritorno dagli studi in Australia decise di iniziare a imbottigliare e commercializzare i vini della piccola tenuta di famiglia. Sette sono gli ettari impiantati a Grillo, Catarratto, Nero d’Avola e Merlot, vinificati esclusivamente in purezza per esaltare le caratteristiche del vitigno e ritrovare nel bicchiere il sole, il sale, il vento e il mare di questa terra. Magico Grillo 2016, il cui vigneto pè osto proprio di fronte le Saline di Marsala, al naso subito ti assale una nota iodata e quel caratteristico profumo siciliano di fiori d’arancio, al palato la sapidità ti avvolge con una lunga persistenza e una buona struttura che prende vantaggio anche dalla breve macerazione sulle bucce. Guanciabianca Catarratto 2016, trascorre 4 mesi in acciaio sulle fecce fini, batonnage giornalieri per donare grassezza, pienezza e materia ad un vino già fine, elegante, e sinuoso.

Catarratto Macerato 2016 (anteprima), nessun solfito aggiunto (<20 mg/l quelli naturali residui), 17 giorni di macerazione per un vino che si mastica ed è piacevolmente tannico. Dedicato al nonno, “Racconta l’antico e intenso rapporto tra il vignaiolo e la sua terra, guarda al passato contadino di una Sicilia d’altri tempi con gli occhi del presente” (cit.). Guancianera Nero d’Avola 2015, macerazione tradizionale sulle bucce per 3 settimane, solo acciaio per esprimere al meglio la sincerità della vigna, intensi sentori di frutti rossi, di prugne, in bocca è suadente, tannico ma equilibrato, si ritrova la dolcezza della frutta matura che avvolge piacevolmente il palato. Anche per il Magico Merlot 2015 la vinificazione è solo in acciaio e ci rimane per 14 mesi, un vino che coniuga l’eleganza del suo territorio d’origine, Bordeaux, con il carattere della terra che l’ha adottato.

Elisir 2015, vendemmia tardiva di Catarratto, ottenuto con una tecnica innovativa, l’anulazione del tralcio tramite circoncisione dei canali discendenti della linfa, per assicurarsi un maggior accumulo zuccherino e di sostanze minerali nell’acino, in modo da bilanciare dolcezza e sapidità. 30 giorni di macerazione sulle bucce, 52 g/l il residuo zuccherino, niente solfiti aggiunti ed elevazione in barrique di castagno. Un vino unico nel suo genere, non paragonabile ad altri in commercio. Per il futuro non ci resta che attendere la quarta via del Catarratto che Fabio ha già messo in cantiere.

Infine un commento molto personale sulla degustazione dei vini biotici RiLuce di Giorgio Mercandelli: spiazzante. Ottenuti da 10 ettari di vigne vecchie (alcune di oltre 100 anni) lasciate completamente a se stesse in un regime di naturale autoregolamentazione. L’uva è intesa come purezza incontaminata, il vino come memoria liquida della pianta e non ha più niente del frutto, ma è l’insieme di tutte le forze che hanno contribuito a trasformare il frutto, compresa l’espressione artistica delle proprie inclinazioni, che seguono la legge di risonanza della vita, quelle vibrazioni, quelle frequenze della natura che nel vino riflettono totalmente la coscienza del produttore. Quindi vini che risuonano nella nostra intimità e hanno lo scopo di fermare il tempo, non appartenendo più a nessuna esperienza legata alla varietà, al territorio o ad un fenomeno commerciale.

La domanda che ci si pone è se Giorgio è più artista, filosofo, alchimista. Difficile rispondere, sicuramente non è sufficiente partecipare a una degustazione, bisogna approfondire, dedicarci il giusto tempo e soprattutto andare a Canneto Pavese dove nascono questi vini.

I vini presentati mi sono molto piaciuti, ma, non so se per reverenza, per trance agonistica o per altri motiv,i non li ho bevuti fino in fondo, devo ancora sedimentare i pensieri e le emozioni di quei momenti. Per chi volesse anche solo approfondire, cercando in rete maggiori informazioni, per completezza vi segnaliamo i tre vini degustati: Etichetta Bianca Bianco 2012M Etichetta Nera Rosso 2006 e O Etichetta Blu Bianco 2007.

Si chiude in questo modo un’edizione d’avant-garde di “Io bevo così”!

[Photo Credit: Antonio Cimmino]

 

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