L’Essenza di Terlano

 Articolo pubblicato a maggio 2016 su LorenzoVinci.ilgiornale.it (https://goo.gl/JQx4GQ)

Nell’immaginario collettivo internazionale quando si parla di vino in Italia s’intende vino rosso, in particolar modo lo si associa ai grandi vini della Toscana e del Piemonte. Un altro mito da sfatare è che i vini bianchi sono sì di ottima qualità ma considerati più vini di pronta beva che da invecchiamento. Infine un altro pregiudizio è considerare la “cantina sociale” come una non eccellenza.

A confutare il tutto ci sta lavorando il Südtirol, regione conosciuta principalmente per le sue maestose cime e i suoi spettacolari giardini.

Nonostante sia uno dei territori vinicoli più piccoli d’Italia, poco più di 5000 ettari, è indiscussa la qualità della sua produzione vitivinicola, e si distingue per una forma speciale di associazionismo tra vignaioli, le Kellereigenossenschaften, ovvero le cantine cooperative.

Tra queste nella Valle dell’Adige, che si è imposta con una propria specifica sottodenominazione per i vini bianchi, la Doc Alto Adige Terlano, incontriamo Kellerei Terlan e le sue speciali cuvée Terlaner, ottenute prevalentemente da Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon.

È dal 1893, hanno della sua fondazione, cha la cantina cooperativa del villaggio vinicolo di Terlano porta avanti una tradizione secolare nell’arte dell’assemblaggio, una profonda esperienza che negli anni l’ha resa famosa come produttrice di cuvée di alta qualità, grazie sia alla particolare composizione geologica del terreno sia alle condizioni pedoclimatiche eccezionali, che concorrono a dar vita a vini incredibilmente longevi e minerali.

Ne ha fornito prova durante la presentazione ufficiale alla stampa del Terlaner I (Primo) Grande Cuvée 2013, tenutasi al Mandarin Oriental Hotel di Milano la settimana scorsa. Un debutto nel capoluogo meneghino per questa terza edizione limitata del Super Terlaner per antonomasia, prodotto in sole 3.485 bottiglie e vendute al prezzo di 160 € circa.

Un successo per questo vino dovuto anche al grande archivio enologico, gelosamente conservato nella Cantina di Terlano, che rappresenta una sorta di biblioteca di tutte le annate trascorse, un unicum in Italia con oltre 100.000 bottiglie, dal millesimo 1955, e alcune molto più vecchie.

Le prime, circa 500 l’anno, messe da parte grazie alla lungimiranza di Sebastian Stocker, l’ex enologo di Terlano, che negli anni a seguire, dal 1979, decise di imitare l’esempio dei colleghi francesi nel far maturare più a lungo i vini sulle proprie fecce fini, inventando così il Metodo Stocker, ancora oggi utilizzato per produrre i vini della linea rarità.

Dall’estate scorsa questi vini invecchiano in una nuova cantina riservata che offre dimora a ben 18 botti in acciaio contenenti vini di annate risalenti fino al 1979.

Quest’anno è stata scelta l’annata 2004 del Pinot Bianco come Vino Rarità 2016.

A livello internazionale James Suckling, il noto critico enologico tra i più autorevoli a livello mondiale, nello stilare la sua annuale classifica dei 100 migliori vini provenienti da tutto il mondo, ha inserito in classifica il Terlaner I Grande Cuvée, nel millesimo 2012, cui ha riservato un punteggio di 97/100, descrivendolo come “Un vino bianco opulento che unisce perfettamente Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon. Il Terlaner I è un grande vino bianco fatto con uve provenienti dai migliori vigneti e creato da uno dei migliori produttori italiani di vino bianco”.

Tornando alla presentazione milanese, è intervenuti Klaus Gasser, responsabile vendite di Cantina Terlano che ha affermato “Volevamo posizionare questo vino nel segmento di lusso e dimostrare che potevamo competere con i migliori vini bianchi del mondo. Un passo coraggioso che presto si è rivelato quello giusto Abbiamo quindi selezionato con estrema cura ed attenzione le viti più storiche e di carattere situate sulle colline e nelle zone più ripide intorno a Terlano”. Oltre a Klaus, presente il papà del Terlaner I, l’enologo Rudi Kofler, a Terlano dal 1999, che ha sottolineato come “La lenta maturazione in grandi botti di rovere ha donato al Terlaner I Grande Cuvée 2013 una straordinaria struttura aromatica e un enorme potenziale di sviluppo. L’eccezionale persistenza e il retrogusto minerale di questo vino rimangono impressi indelebilmente nella memoria come massima espressione di un terroir straordinariamente minerale ed unico al mondo”.

Una sfida partita nel 2005 con l’obiettivo di produrre un vino che potesse competere con i più grandi vini bianchi del mondo. Nel 2008 iniziano le prime micro vinificazioni per scegliere le parcelle più pregiate e più adatte. Nasce così nel 2011 il Terlaner I, espressività pura del territorio, uno stile tradizionale, fermentazione lenta in botte grande di rovere (30 hl), né barrique né Chardonnay in purezza come in Borgogna, ma puntando su Pinot Bianco e su un evoluzione molto più bordolese. Non solo ampiezza aromatica, ricchezza, ma anche tensione, freschezza, mineralità e longevità accompagnati da grande finezza, eleganza e da un perfetto equilibrio.

Il nome “Primo” è un omaggio al primo Terlaner Cuvée del 1893, già all’epoca imbottigliato in contenitori da 0.7 l. Cinque parcelle, vinificazione separata per vitigno e per altitudine, vigneti dai 30 ai 40 anni, terreno franco sabbioso d’origine subvulcanica, Il Pinot Bianco (90%) del cru Vorberg cresce a 560 m s.l.m., lo Chardonnay (7%) cru Kreuth a 340 m, mentre il Sauvignon (3%) del Winkl a 306 m.

Un vino che non ha avuto paura di confrontarsi nella degustazione alla cieca con due eccellenze della Borgogna, il Chevalier-Montrachet Gran Cru 2013 di Etienne Sauzet e il Batard-Montrachet Gran Cru 2013 di Domaine Leflaive, che in circolazione sono venduti a circa 500 euro la bottiglia. Un risultato sorprendente, giacché la maggior parte dei presenti ha preferito il Terlaner I, e anche se ognuno ha un proprio personalissimo gusto che lo protende verso un vino o un altro, su una cosa tutti erano d’accordo: l’indiscussa qualità di questo straordinario vino, nato dalla perfetta armonia tra vitigni, terreno, annata, sensibilità, sapienza e passione di chi ha tanto lavorato per creare la sua Essenza di Terlano che nel nome racchiude un Paese, una Cantina, una denominazione, un blend, un vino, nel segno del meglio che la cultura vitivinicola possa offrire.

Degna conclusione della serata con il light lunch preparato da Antonio Guida, l’Executive Chef del Seta, il ristorante stellato del nuovo Mandarin Oriental (strepitoso il suo riso in cagnone con verdure, Maccagno e polvere di lampone), e organizzato da Alberto Tasinato, il Restaurant Manager.

Un team dal servizio impeccabile e il calice di Pinot Bianco del 1959 gentilmente omaggiato da Rudi Kofler ha tolto ogni parola di bocca per lasciare spazio a tutti i 5 sensi!

[Photo Credit: Antonio Cimmino]
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