AIS Sparkling Classic Summer: un metodo classico tra gioco e realtà!

Articolo pubblicato a luglio 2017 su LorenzoVinci (https://bit.ly/2LFUkZG)

Puntuali, come ogni estate, arrivano gli articoli che parlano di bollicine, ma forse non tutti sanno, come ha scritto un produttore della Franciacorta, che “il metodo classico è una delle vinificazioni più complesse, è un vino enormemente più complesso di un qualsiasi vino fermo o di un rifermentato in bottiglia, per raccontarlo si potrebbe scrivere per un giorno intero e forse di più. Ma lo leggeremmo tutto o ci si annoierebbe prima? La gente non ha voglia di leggere pipponi, ma desidera bere qualcosa che faccia stare bene, che faccia sorridere e che sia piacevole”.

Probabilmente per colmare questa lacuna, la delegazione di Milano dell’Associazione Italiana Sommelier organizza ogni anno una giornata dedicata alle bollicine italiane da metodo classico (siamo alla 5 edizione!) dando voce direttamente ai produttori, ai territori e al mondo che ruota intorno ad esse.

Lo Sparkling Classic Summer, oltre a valorizzare la spumantistica italiana, festeggia anche l’arrivo dell’estate e lo fa egregiamente sia con vitigni autoctoni quali Falanghina, Glera, Greco, Grillo, Lambrusco, Malvasia, Nebbiolo, Moscato, Trebbiano, Verdicchio che con i grandi classici vitigni internazionali come Pinot Nero, Chardonnay, Pinot Bianco ormai di casa in Alta Langa, Oltrepò, Franciacorta, Trentino e Alto Adige, cuore delle principali denominazioni italiane per quel che riguarda il metodo classico. Meno famose ma non di minore importanza sono quelle regioni protagoniste di alcune interessanti interpretazioni di uno dei più antichi metodi di produzione di vino, come l’Emilia, l’Umbria, le Marche, la Campania, insieme a Puglia, Basilicata e Sicilia.

Così capita di incontrare durante la serata un caro amico, Marco Capra, un produttore vinicolo di Santo Stefano Belbo in provincia di Cuneo, un under 40 con alle spalle quasi venti vendemmie, da quando appena maggiorenne prese in mano le redini dell’azienda agricola fondata da suo nonno. Tra le Langhe e il Monferrato, Marco quotidianamente è alle prese con i vitigni più classici della zona come moscato, barbera, dolcetto, nascetta e tutti i suoi vini sono dedicati a persone e luoghi a lui particolarmente cari, legati alla sua famiglia e a quegli incontri che gli hanno cambiato la vita (e l’azienda!).

Grazie ad uno di questi, in concomitanza con la vendemmia 2009, ed esattamente in seguito alla notizia che sarebbe diventato padre per la prima volta, che inizia la produzione del suo metodo classico per dedicare un “vino speciale”, che ti accompagna per tutta la vita, che cresce negli anni, di cui prendersi cura.

Non c’era solo l’idea di dedicare un vino alla figlia, Marco voleva piuttosto trovare un modo per trasmetterle i suoi valori, i suoi sogni, i suoi progetti, le sue passioni. E quale miglior modo per farlo se non attraverso il mezzo preferito dai bambini?

Nasce così il gioco SeiTremenda (il cui nome era quello del prototipo di auto modificata dal meccanico del paese, azzeccato sia per la grande vivacità della sua bambina che per la presenza di “tre” e “sei”, i 36 mesi di riposo sui lieviti) una versione rivista del gioco dell’oca, che ha come pedine i ferma tappi delle 6 bottiglie di spumante della confezione numerate da 1 a 6, e con le 49 caselle che rappresentano le fasi della produzione del metodo classico con relativi attori e giochi preferiti dalla sua piccolina, l’altalena, lo scivolo il triciclo, l’orsetto,il cavallo e le palline  dalla grafica molto accattivante.

SeiTremenda, una specie di Wine Educational per grandi e piccini: imparare qualcosa in più sul metodo classico tornando anche un po’ bambini!

Facendo attenzione a non incappare nelle “caselle tremende”, s’inizia dalla prima casella (1), La terra, a seguire l’uomo (2), le barbatelle (3) e finalmente il vigneto (4) con i due vitigni più rappresentativi per la spumantizzazione del metodo classico, Il pinot nero (5) e lo chardonnay (7).

La vendemmia manuale (8), anticipata per garantire un corredo acido che sia adeguato alle lunghe fasi di lavorazione del vino, il trattore (9) che porta l’uva in cantina, la pressa (10) per la spremitura soffice, la vasca in inox (11) dove si esegue la prima fermentazione (12) tradizionale da cui si ottiene il vino base (molto acido, poco alcolico, fine). Quindi l’assemblaggio (13), perfezionato da Dom Perignon, volto a ricercare il taglio ottimale, mescolando diversi mosti provenienti non solo da uve differenti ma anche da zone eterogenee e di diverse annate, al fine di ottenere la cuvée da portare alla seconda fermentazione e il filtro (14).

La liqueur de tirage (15) cioè uno sciroppo di zuccheri e lieviti selezionati addizionati al vino base in primavera, la bottiglia (17) di vetro spesso per resistere alle elevate pressioni (circa 6 atmosfere), il relativo imbottigliamento (18), le bidules (19), i cilindretti di plastica sotto il tappo a corona (20) che ha lo scopo di raccogliere il deposito dei lieviti alla fine del processo fermentativa e il tappatore a corona (22)  per la chiusura ermetica delle bottiglie.

Le bottiglie vengono messe in cataste (23) per far partire la seconda fermentazione (24)  durante la quale i lieviti fanno fermentare gli zuccheri, il primo rimescolamento (25) in modo da porre in sospensione le fecce fini prodotte dai lieviti durante la rifermentazione, la presa di spuma (26) con l’aumento della pressione fino a circa 6 atmosfere. Consumato lo zucchero e l’ossigeno contenuto nel vino, i lieviti iniziano l’autolisi (27) rilasciando composti che caratterizzano il profumo e il gusto dello spumante, e gli ulteriori tre rimescolamenti (29).

Durante il periodo di affinamento le bottiglie sono poste su appositi sostegni di legno, le pupitres (30), sui quali sono ruotate di un quarto di giro e progressivamente inclinate, il remuage (31)  per far scendere i lieviti a livello del tappo e raccoglierlo nella bidule. La ghiaccia colli (32) è la macchina che serve a congelare il collo della bottiglia (33) in modo da effettuare la sboccatura (34), o degorgement, che serve ad eliminare fecce che si sono raccolte nella “bibule”. Infine l’aggiunta della liqueur d’expedition (35), o liqueur de dosage, una miscela di vino contenente zucchero di canna e distillato di vino durate la la colmatura delle bottiglie.

La tappatura avviene con un tappo di sughero che in origine è un cilindro perfetto che prenderà la classica forma a fungo (37) grazie al tappatore a fungo (38). L’ancoraggio del tappo avviene con la gabbietta (39), la stessa con cui giocherete, tramite la gabbiettatrice (40), dopo di che si passa al lavaggio (41) allo stoccaggio e l’affinamento (42) delle bottiglie, che dura almeno altri due mesi.

Grazie alle etichettatrice (43) sulle bottiglie vengono poste le etichette (44) mentre il capsulatore (45) aggiunge la capsula (46) al collo della bottiglia, completando così il processo della vestizione (Habilage). Finalmente tutto è pronto per la spedizione (47) ai clienti e per vincere un ottimo bicchiere di metodo classico (49), meglio se italiano!

Il lavoro come un gioco, spinto da una forte passione ma soprattutto da tanta riconoscenza e amore per la sua terra e la sua famiglia, tutto questo è il metodo classico di Marco Capra!

Di seguito, invece, una selezione dei protagonisti della serata, una sorta di “consigli per gli acquisti”.

Stesso banchetto per due interessantissime realtà dell’Oltrepò Pavese guidate da giovani che utilizzano solo Pinot Nero in purezza per il loro metodo classico.

Dell’azienda dei fratelli Cristian e Stefano Calatroni segnalo Pinot 64 Brut 2013, 36 mesi sui lieviti dall’indiscussa eleganza e finezza, sarà anche per il fatto che abbiamo assaggiato la versione magnum (sboccata già da 5 mesi) che dà sicuramente quel tocco in più sia come contenitore di affinamento che dal punto di vista emozionale. Il NorEma Rosé Pas Dosé 2013 (è il vino dedicato a Nora e Emma, la futura generazione dei Calatroni) si caratterizza per una maggiore freschezza e per quel colore rosa molto classico, quasi nobile, ottenuto solo per il tramite di una macerazione pellicolare.

Mentre di Alessio Brandolini, dell’omonima azienda di famiglia, consiglio il Luogo d’Agosto Extra Brut 2013 , sempre 36 mesi sui lieviti, le cui uve provengono da un appezzamento di vecchie vigne che donano maggior struttura e sapidità (logo e etichetta sono opera di Beppe Fasciutti).

A Canelli non si può non fare spumante, e lo sa bene la famiglia Coppo, le cui storiche cantine sono state dichiarate dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Ecco quindi la Riserva Coppo 2009 (annata attualmente in vendita), 80% Pinot Nero, 20% Chardonnay, prima fermentazione in barrique, 9 mesi sui lieviti con frequenti batonnages per il vino base prima della presa di spuma e poi 60 mesi in bottiglia a contatto con i lieviti. Sembra di masticare una buonissima crosta di pane bella croccante!

Un Verdicchio che lascia il segno è l’Extra Brut Sans Année di Umani Ronchi.

Con Mosnel, in Franciacorta, si va sempre a colpo sicuro, ed ora è anche biologico grazie al debutto della nuova cuvée Brut Nature (senza annata) da sole uve biologiche di Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Nero. Il 30% della massa fermenta in barrique, circa 24 i mesi sui lieviti. Parosé 2011 è un Franciacorta Rosé Pas Dosé Docg, prima fermentazione in barrique di rovere, lì vi rimane per cinque mesi, fino alla primavera successiva. 70 % pinot nero e 30 % chardonnay, sui lieviti per almeno 36 mesi oltre ad altri 3 mesi minimi di affinamento dopo la sboccatura. EBB 2012 è lo chardonnay in purezza extra brut dedicato alla fondatrice dell’azienda, Emanuela Barzanò Barboglio.

A San Giorgio Canavese troviamo l’Azienda Agricola Cieck, portabandiera dell’Erbaluce di Caluso, anche e soprattutto vinificato col metodo classico. Calliope Brut 2013, il 40% fermenta in legno e ci matura per 10 mesi. 36 mesi sui lieviti per uno spumante dalla lunga persistenza. Il Cieck Nature 2013 (anteprima la cui uscita è prevista in autunno) è un dosaggio zero sapidissimo. Mentre particolare è il loro Rosè Brut 2014 da Neretto di San Giorgio in purezza, un’antica varietà autoctona riscoperta non molto tempo fa.

Anche quest’anno mission impossible avvicinarsi al banco delle “Bollicine di Montagna”, quelle rappresentate dalle cantine afferenti all’Istituto Trento Doc, ormai ospiti fissi delle manifestazioni targate AIS, anche in vista del concorso che si terrà in autunno del Miglior Sommelier d’Italia – Premio Trentodoc. L’eccellenza e la qualità si riconoscono subito, e giacché il loro banco è sempre preso d’assalto, non resta che cercarli in enoteche e ristoranti, con TrentoDoc non ci sbaglia mai!

[Photo Credit: Antonio Cimmino]

 

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